Showing posts with label commento. Show all posts
Showing posts with label commento. Show all posts

Sunday, November 13, 2011

Commento: Habemus Papam


 Finalmente ho visto “Habemus Papam” di Nanni Moretti. La storia penso sia abbastanza nota quindi non vedo ragione di ripeterla qui.
Lo ammetto, il film mi e' piaciuto e pure tanto. Contrariamente a quello che possono dire neocatecumenali o ciellini, la chiesa ritratta dal regista italiano e' una chiesa piena di umanita', in cui l'amore per la fede traspare da ogni suo poro. Non vedo nulla di anticattolico nel sottolineare che anche il Sommo Pontefice e' un umano che ha bisogno delle preghiere dei fedeli e che anche lui puo' avere dei seri dubbi, non tanto sulla fede – il neoeletto non lascia mai il suo credere in Dio – ma sulle sue capacita' umane. Per questo il Papa di nascosto si lascia andare in un'introspezione simile a quella che  viene fatta dal protagonista del meraviglioso e tristissimo “Il posto delle Fragole”.

Moretti ci fa vedere una cosa molto bella, forse piu' positiva della realta' dei fatti: i cardinali non solo credono in Dio, ma amano il loro papa. Quando pensano di scorgere la sua ombra negli appartamenti papali, si fermano, lo guardano stupiti e meravigliati, come dei bambinetti guarderebbero una fabbrica di cioccolata. Quando sono convinti di vederlo mettono ogni loro attivita' in secondo piano. Persino  'papabili' non-eletti non riescono a non volergli bene, non riescono a portare la loro invidia fino in fondo. Anzi, quando sentono che 'il Papa ha mangiato bene' tirano un sospiro di sollievo, contenti di sapere che tutto sta migliorando. Addirittura loro sono disposti a perdere la loro liberta' per difendere il Pontefice, lo si vede chiaramente quando i tre cardinali provano ad andare a prendere un cappuccino fuori dal Vaticano e capendo la gravita' della situazione – nonche' il regolamento – non fanno troppe storie: quello che c'e' da fare per la Chiesa si deve fare e basta.

Ritengo che la storia dei cardinali sia maggiormente importante rispetto a quella del papa in quanto sono loro che determinano in realta' l'andamento della questione. Sono loro che dapprincipio non permettono allo psicanalista di fare una seduta privata (tutti i cardinali elettori ascoltano quello che il pontefice dice durante la prima ed unica intervista con Moretti). E' il loro amore disinteressato per il pontefice che non permette di vedere in faccia la verita' semplice: l'eletto non e' in grado di guidare la chiesa.
Il papa si riscopre semplicemente quando viene a contatto con la compagnia degli attori, grazie ai quali riesce a vedere appieno la sua umanita', il fatto che effettivamente lui voleva qualcos'altro.

Mi stupisce che sia un ateo come Moretti a tirare fuori un punto cosi' fondamentale della vita religiosa di qualsiasi persona, ovvero l'individualita' del proprio animo davanti al Dio per cui si fanno tanti sacrifici. L'amore per Dio, anche questo incondizionato, richiede molto da ogni persona, figurarsi da un pontefice. Egli infatti affronta senza mezzi termini la sua lunga notte, la sua kenosi, chiedendosi cosa si debba fare veramente in nome di Dio:e' accettare il voto dei cardinali? E' accettare ogni cosa senza farsi problemi? E' lasciare tutto, nell'onesta' che la propria persona richiede?
Quello che traspare e' che in realta' il neopapa non e' una persona con problemi psicologici. E' semplicemente onesto.
A questo punto si potrebbe obiettare che allora la scelta di questo pontefice non e' opera divina. Moretti pero' e' troppo sublime, troppo delicato, per mancare di rispetto al voto del conclave. Il discorso finale che il pontefice fa alla folla in San Pietro e' esattamente quello di cui la chiesa ha bisogno. Lo dice il papa. Egli riconosce che la chiesa ha bisogno di un papa forte, che sia in grado di sistemare le cose. Ha bisogno di un Santo Padre forte non tanto nelle questioni legislative ma proprio nell'amore dato e nell'amore ricevuto.  E' cosi' che il protagonista e' in grado di dettare il senso del pontificato: non il suo, ma di quello successivo ovvero che aiutera' la chiesa a crescere, a parlare con la gente, a capire i tempi proprio in nome del messaggio evangelico e della tradizione cattolica.
E' chiaro che durante quel discorso il papa esce con una forza incredibile, riuscendo a stabilire cio' che deve essere stabilito. I fedeli in San Pietro non riescono a cogliere il senso di tutto cio', si mettono a piangere proprio mentre il papa chiede loro di fare la cosa piu' cristiana che esista: pregare. I cardinali, anche loro si disperano, ma sanno benissimo che un nuovo conclave sara' necessario e, grazie a questo papa, non potra' che uscire eletto un papa che sara' ricordato nella storia come il pontefice che rimette le cose al proprio posto.
In sostanza, il film e' delicatissimo. E' sorprendente che un ateo sia riuscito a discutere con la chiesa, nella chiesa. Uno dei punti delicati e' infatti quando Moretti si lamenta di aver trovato un solo libro nelle sue camere: la bibbia. Ma nemmeno lui, ateo convinto, psicanalista, riesce a resistere a quel libro, mettendosi a studiarlo, trovandovi un senso persino per lui, anche se superficiale.
L'unica cosa che non riesco a capire e' la ragione per cui il regista abbia deciso di fare un film del genere. Parla bene della chiesa, ci mostra l'umanita' dei prelati, indipendentemente dall'abito bianco o meno, ci fa vedere dei fedeli che veramente sperano nel proprio papa e ci ricorda anche che i cardinali hanno ottime intenzioni. Certo non manca qualche critica, come il cardinale che in maniera un po' ridicola gli rivela, durante il torneo di pallavolo, di credere che l'inferno esista ma sia vuoto. Pero' anche qua, durante uno dei momenti piu' felici forse della loro vita quando sono chiamati a rapporto per la chiesa da parte del segretario del papa non mancano di mettere il loro divertimento e piacere in secondo piano, per la disperazione di un ignaro Moretti. Forse l'unica, minuscola, pecca e' qualche semplificazione caratteriale ma chiaramente il film non ha la pretesa di discutere dei problemi o delle grandezze del mondo ecclesiastico.
In conclusione, non so perche' sia stato fatto un film del genere, ma sicuramente e' un film di tutto rispetto che va visto e capito: Moretti conosce molto bene la chiesa e, forse, l'ammira.


Thursday, November 10, 2011

Commento: Baseball in the garden of Eden

L’off-season e’ sicuramente un lungo e difficile momento per qualsiasi appassionato di baseball. Come ogni momento ‘drammatico’, pur nei giochi della vita, bisogna riuscire a rimbalzare sfruttando la negativita’ al meglio in maniera da invertire la rotta al piu’ presto. Sappiamo che ad aprile 2012 le partite ricominceranno. La prima partita dei Rangers sara’ per l’appunto venerdi’ sei aprile contro i White Sox. Ma cosa fare nel frattempo? Personalmente leggero’ parecchio e studiero’ un po’ di storia del baseball, in maniera da ricordarmi che la primavera prima o poi arrivera’. Ieri ho finito la lettura di “Baseball in the Garden of Eden” di John Thorn, lo storico ufficiale della MLB. Per il prezzo piu’ che accettabile di $17.12 su Amazon ($26.00 prezzo regolare) si ottengono oltre 350 pagine di puro piacere storico-sportivo.

La domanda di fondo al libro e’ se e’ possibile risalire ad un inventore del baseball o, almeno, alla prima partita mai giocata. In realta’ l’autore ci fa una panoramica dell’America del XIX secolo e di come certa mentalita’ abbia influenzato pesantemente il gioco fino quasi a distruggerlo. Ovviamente viene dedicato ampio spazio alla Commissione Mills, quella desiderata da Spalding in cui si stabili’ senza alcuna prova storica che l’inventore fu Abner Doubleday, l’eroe americano. Se precedentemente si pensava che la Commissione scelse Doubleday perche’ faceva comodo –nulla di meglio che un eroe di guerra per pubblicizzare un gioco che doveva essere a tutti i costi americano –il libro ci rivela ragioni abbastanza inquietanti e il ruolo cui la Theosophist Society, una setta religiosa che diede poi inizio alle altre varie sette religiose americane, prese una parte fondamentale. Thorn ci spiega subito che e’ impossibile risalire ad un inventore, ne’ Doubleday ne’ Cartwright dei Knickerbockers possono ottenere il trono storico e nessuno dei due merita allori per un’invenzione che di fatto non hanno mai realizzato. Per capire quindi il senso della Commissione Mills, l’autore ci spiega accuratamente che il baseball del XIX secolo dopo aver preso piede divenne immediatamente corrotto da scommettitori, sfruttatori, lavoratori, razzisti e quant’altro di peggio ci fosse nella societa’.

L’immagine che si fa dei proprietari e’ proprio quella dello schiavista senza scrupolo disposto a qualsiasi cosa pur di guadagnare, incluso il famoso “gentlemen agreement” secondo cui una persona di colore non poteva giocare in una squadra di professionisti. Curiosamente, Thorn ci spiega che per “nero” si intendeva tendenzialmente un cittadino americano: portoricani e simili erano ammessi, quindi forse non era semplicemente una questione di colore della pelle.

Da dove deriva quindi il mito di Doubleday? E’ difficile spiegarlo, non rimane che leggere il libro, la questione e’ infatti intricatissima e coinvolge numerose persone nell’arco di diversi decenni in cui una volta dimenticata la voglia del gioco puro la pieta’ umana venne lasciata da parte. “Baseball in the Garden of Eden” e’ abbastanza complesso, pieno di dati, nomi ed informazioni. Ricoprire quel periodo in un solo volume e’ di fatto impossibile ma Thorn fa un lavoro piu’ che ottimale. Una nota importante: il testo pubblica diversi documenti originali mai pubblicati in precedenza e scoperti dall’autore stesso. Decisamente consigliato.